Covid-19, senza dati…confusione e sfiducia

Perché sempre il solito canovaccio quotidiano sui dati della pandemia?

Leggendo l’articolo di Stefania Salmaso (epidemiologa biologa) e Francesco Forastiere (epidemiologo medico) pubblicato su scienzainrete.it del 10 novembre 2020 si ha la risposta alla domanda.

Un articolo-accusa, sulla gestione dei dati della pandemia, che evidenzia quanto “In effetti i dati aggregati della Protezione Civile male si prestano a inferenze significative e non rendono conto di una serie di informazioni necessarie per descrivere in modo utile la pandemia… ci sono molti aspetti da sviscerare e certamente non mancano in Italia le competenze, né le menti in grado di farlo. Ma non si può fare, perché la gestione dei dati è rigorosamente controllata e monopolizzata a livello centrale dalla ordinanza 640, che nemmeno a chi alimenta i flussi informativi permette di vedere i dati generali.

L’importanza dei dati sulla pandemia è stata palesemente evidenziata dall’assegnazione del colore-rischio alle singole regioni; gravità del rischio determinata da “un sistema che si basa su 21 indicatori, ossia valori numerici, che le Regioni e Province Autonome calcolano in proprio, in base ai loro dati di sorveglianza, e che ogni settimana inviano alle autorità nazionali. Tutto il sistema di governo della salute in Italia si basa su indicatori riferiti dalle Regioni e Province Autonome… Ognuno calcola i propri indicatori e li invia al Ministero. I confronti relativi non vengono effettuati… Non esiste un sistema di certificazione o audit della qualità dei dati inviati.

Appare chiaro quanto la poca trasparenza sia motivo di sospetti “sulla qualità dei dati inviati, sulla discrezionalità dei criteri di lettura e utilizzo, e si invoca un intervento uguale per tutti in modo da evitare imbarazzanti classifiche.

La ovvia conclusione è che “Se i dati fossero stati condivisi tra tutti fin dall’inizio – come richiesto dall’Associazione Italiana di Epidemiologia e da molti attori della società civile (38171 firmatari e 154 organizzazioni promotrici)– ci sarebbe stato un controllo incrociato tra le varie Regioni, in 24 settimane di monitoraggio sarebbero stati identificati e verificati i dati di qualità incerta e forse non si sarebbe creato tutto il clamore che lascia spiazzati i cittadini, a cui, come al solito, viene presentato il conto da pagare in proprio.

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