Covid-19, incidenti nei laboratori di biosicurezza

Come riportato nell’articolo di Alison Young e Jessica Blake per ProPublica del 17 agosto 2020, già nel 2015 furono documentati incidenti ed i rapporti indicarono che i ricercatori UNC (University Nord Carolina) furono potenzialmente esposti a coronavirus creati in laboratorio. Questi incidenti evidenziarono i rischi anche nelle strutture di ricerca più sicure e rispettate.

Il topo infettato da un tipo di coronavirus SARS creato in laboratorio si dimenava a testa in giù, penzolando per la coda mentre uno scienziato lo portava a un contenitore di pesatura un giorno nel febbraio 2016. Ma il compito banale è diventato pericoloso in pochi secondi all’interno del laboratorio della Carolina del Nord, che ha attirato l’attenzione per la sua partnership su ricerche simili con il Wuhan Institute of Virology cinese… Mentre trasportava il topo, si arrampicò sulla coda e la morse forte, sfondando i guanti e immergendo i suoi denti – e potenzialmente il virus – nel suo anulare.

Non è la scena di un film cinematografico: è uno dei tanti episodi accaduti nei laboratori di massima biosicurezza.

L’UNC ha dichiarato che “L’Università ha informato le agenzie di supervisione appropriate degli incidenti e ha intrapreso le azioni correttive necessarie“, rifiutandosi di rivelare pubblicamente i dettagli chiave sugli incidenti, inclusi i nomi dei virus coinvolti, la natura delle modifiche apportate e quali rischi sono stati posti al pubblico, contrariamente alle linee guida del National Institutes of Health.

Nel novembre 2015, gli scienziati dell’UNC hanno pubblicato un documento di ricerca che descriveva in dettaglio come avevano creato un coronavirus ibrido fabbricato in laboratorio con il potenziale per infettare le persone. I loro esperimenti prevedevano l’inserimento di parte di un coronavirus chiamato SHC014-CoV trovato nei pipistrelli cinesi a ferro di cavallo in un virus della SARS per vedere se il virus ibrido prodotto in laboratorio – chiamato chimera – potesse infettare in modo efficiente le cellule umane.

Nel 2004, un piccolo focolaio di sindrome respiratoria acuta grave è stato rintracciato dalle autorità cinesi e dall’Organizzazione mondiale della sanità ai lavoratori di laboratorio del National Institute of Virology Laboratory of China’s Center for Disease Control a Pechino, dove sono stati condotti esperimenti utilizzando coronavirus SARS vivo e inattivato. E nel 2007, i tubi di drenaggio che perdevano in un centro di ricerca sui vaccini in Inghilterra sono stati accusati di un’epidemia di afta epizootica tra i bovini.

Dal 2007, l’US Government Accountability Office, il braccio investigativo del Congresso, ha ripetutamente avvertito che la proliferazione di laboratori di livello 3 e livello 4 di biosicurezza ad alto contenimento negli Stati Uniti e nel mondo sta aumentando il rischio di virus, batteri o tossine rilasciate intenzionalmente o involontariamente dalle strutture.

I potenziali rischi posti dalla creazione di un virus non trovato in natura hanno suscitato critiche all’epoca da parte di alcuni scienziati. Il documento si è aggiunto a un dibattito internazionale in corso sui rischi e sui benefici della creazione di agenti patogeni geneticamente modificati che sono potenzialmente più pericolosi di quelli che si trovano in natura, ciò che è noto come ricerca “guadagno di funzione“.

Leggi l’articolo completo pubblicato su ProPubblica

Ecco sei incidenti che i ricercatori UNC hanno avuto con coronavirus creati in laboratorio

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