GRATTA E VINCI!… Il nostro futuro in “gioco”


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Crescono i jackpot, crescono i milioni in palio nelle diverse lotterie e nei diversi giochi a schedine; un’ascesa ed una molteplicità di varianti che sembrano inarrestabili.

In questa loro iperbolica ascesa si trascinano dietro le speranze, i sogni e persino le illusioni di milioni di persone; persone sempre più rassegnate e non più disposte ad affidare all’impegno ed alle proprie competenze un futuro che sembra sempre più nebbioso e gramo.

Allora è sicuramente meglio affidarsi a quelli che familiarmente vengono chiamati “gratta e vinci”; del resto non c’è nome che possa dare più fiducia: due verbi indicativi e sicuri, “gratta” e “vinci”, non c’è quasi possibilità d’errore… il gioco è fatto!

Un fenomeno, quello delle scommesse, complesso e articolato, possibile di molteplici chiavi di lettura e di punti di vista per certi versi anche sostenibili e validi, salvo poi ad approfondirne le zone d’ombra.

È verosimile che le lotterie possano dare ossigeno, anche se alquanto limitatamente, alle già precarie condizioni delle casse dello Stato. È possibile che possano cambiare la vita dei “baciati dalla fortuna”. È persino condivisibile che “in fondo sono solo un gioco”… Ma tutto questo fino a che punto?

Da molti anni il gioco d’azzardo e la compulsività al gioco, cioè la “spinta incontrollabile” a cedere al suo richiamo, sono oggetto di studio della psichiatria, delle scienze sociali e del comportamento, potendo in alcuni casi sconfinare nell’ambito di una vera e propria patologia, significativamente assimilabile al disturbo ossessivo-compulsivo, per cui il soggetto non riesce più a controllare la sua tendenza a scommettere somme di denaro, talvolta consistenti e ad ogni costo procurate, in quella che a quel punto è ormai la sua vera “dipendenza”.scommesse jackpot

Una dipendenza senza sostanza, come viene definita, perché manca in questo caso una “sostanza estranea da assumere”; quindi, una dipendenza libera dal malessere dovuto agli effetti collaterali fisici tipici della gran parte delle sostanze (droghe, alcool, tabacco), effetti sgradevoli e/o pericolosi per la salute che ne possano in qualche modo limitare, purtroppo poco spesso, l’assunzione abituale. La scarica di adrenalina del “brivido di scommettere” e la liberazione di endorfine che segue qualche transitoria vincita, danno solo emozioni e piacere, almeno fino a quando non si manifestino la rabbia e la frustrazione “per una più importante vincita che non arriva”. In quest’ultimo caso, non sono infrequenti comportamenti disturbati, disturbanti e ostili verso chi, anche in famiglia, cerchi di opporsi a quanto sta accadendo.

La cronaca ha spesso riferito di famiglie che hanno messo allo scoperto il loro dramma, la loro rovina economica e relazionale, distrutte da un marito, da un figlio, sempre più incastrato in questo meccanismo patologico che non lascia speranze.

Anche le donne diventano sempre più vittime di questo fenomeno; un fenomeno che coinvolge in maniera trasversale la nostra società, per quanto riguarda la fascia socioeconomica e culturale delle persone interessate. Casalinghe, professionisti, operai, disoccupati, sembrano essere tutti accomunati, o forse sarebbe più giusto dire individualmente segnati, da un unico obiettivo: incontrare, almeno una volta nella vita, la dea bendata e riceverne le grazie.

Sono ormai lontani i tempi in cui la precarietà economica spingeva anche le fasce sociali più deboli a tentare la fortuna al gioco del lotto, come nelle commedie di De Filippo, nei film di Totò o del neorealismo italiano. Allora il lotto era l’unica speranza, l’unico vero dominio della buona sorte… Un “terno al lotto” era la speranza proverbiale; come se non esistessero anche la quaterna e la cinquina!… Ma, forse, non era lecito chiedere troppo alla Fortuna, a meno che essa non volesse di sua iniziativa elargire più di quanto invocato.

Più “tecnici” altri giochi, come il Totocalcio e il Totip. La compilazione delle schedine diventava una congiunzione di fortuna e competenza, con cui gli “esperti” si cimentavano alla formulazione di sistemi improntati alla matematica che, al di là della loro presunta certezza, diventavano la testimonianza visibile di questo, altrettanto presunto, tecnicismo.scala reale

Attorno a tutto questo i “bar dello sport” e le ricevitorie del lotto diventavano, fino a qualche tempo fa, note di colore e di folklore della società, sebbene le scommesse mantenessero primariamente la loro ambiziosa natura.

Ma oggi la situazione è diversa; soprattutto perché diversa è l’entità dei montepremi e molto più aleatoria e imprevedibile la modalità per catturarli. Quali possono, allora, essere i nuovi risvolti psicosociali dei giochi-scommessa? Quali possono essere le molle che spingono i giocatori e, soprattutto, gli effetti successivi del gioco stesso?

Proviamo ad inquadrare il fenomeno nel contesto dell’attuale profonda crisi economica ed occupazionale, mettendo per un attimo da parte la pur fondamentale condizione di crisi etica relativa al senso di responsabilità e di impegno personale rispetto al progresso individuale e sociale.

È di qualche anno fa la notizia di un’Amministrazione Comunale che, in maniera provocatoria (e non so fino a che punto!), ha deliberato l’acquisto di un certo numero di biglietti di una lotteria, al fine di sanare con un’eventuale vincita le dissestate finanze cittadine. Dietro questa provocazione, però, si cela la difficoltà, e forse la rinuncia, a dare una risposta istituzionale al problema, magari temendo risultati più modesti di quelli che “un colpo di fortuna” avrebbe potuto garantire.

La stessa cosa, forse anche in maniera più drammatica, si verifica quando il problema tocca il singolo individuo, il cui impegno fra l’altro non ha le spalle coperte dalle pur attualmente critiche garanzie di un’istituzione. Pessimismo e rassegnazione diventano, allora, l’inevitabile epilogo.

Perché impegnarsi nello studio e nella scuola? Perché intraprendere il difficile percorso di un’esperienza lavorativa autonoma? Perché scommettersi in percorsi di formazione e di crescita professionale, se non siamo certi di quanto il futuro ci può garantire?… Allora meglio tentare la Sorte.

Non si può più nemmeno aspettare che la dea bendata ci venga a trovare, come avveniva ad esempio con i numeri del lotto in sogno, magari per intermediazione di qualche benevolo defunto o per “smorfia” del contenuto stesso dei sogni. L’urgenza impone che noi stessi si vada in cerca della fortuna, quasi che anch’essa sia stanca di aggirarsi fra gli uomini e rassegnata quanto i suoi eventuali beneficiari.

Così, nelle tabaccherie e nei bar, avventori sempre più numerosi si vedono impegnati a grattare o a compilare schedine, sperando che proprio quel giorno la loro strada incroci quella della buona sorte.

E intanto, come nella mitologia dell’antica Grecia, dove le divinità si presentavano agli uomini sotto mendaci vesti, la Rassegnazione spesso travestita da Speranza si fa sempre più presente, la sfiducia verso il futuro sempre più grande, sempre più pressante la domanda su ciò che altri, compresa la Fortuna, possono fare per noi… per noi che sempre più ci caliamo nell’apatia e nell’immobilismo, senza più chiederci cosa possiamo fare di nostro per dare, o almeno tentare di dare, una svolta alla nostra esistenza.

Forse dovremmo riscoprire la possibilità di essere meno fatalisti, artefici più attivi del nostro vivere; allora potremo forse anche riprendere a “giocare con le scommesse”, magari ridimensionandone i termini e l’entità, riscoprendo che la Fortuna potrebbe volerci dare una mano, ma senza mai lasciare che essa sia la scrittrice unica del libro della nostra vita.

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