Covid-19, pareri su terza dose

Partiamo da una dichiarazione del presidente e amministratore delegato della Pfizer, Albert Bourla, riportata da “Adnkronos.com” il 12 aprile 2021: “Uno scenario probabile è che ci sarà bisogno di una terza dose, più o meno tra 6 e 12 mesi” dopo la seconda dose. “Da lì, poi, ci sarà un richiamo annuale. Ma tutto deve essere confermato. E, di nuovo, le varianti avranno un ruolo fondamentale”.

Non entro nel merito della finezza comunicativa della dichiarazione ma di certo, il presidente A. Bourla, ha dato il via all’argomento terza dose (ricordiamoci che Bourla è la Pfizer e la Pfizer produce il vaccino e il vaccino produce profitti, ma possiamo sempre fare come lo struzzo…mettiamo la testa sotto la sabbia) e subito sono iniziate le ricerche di pareri ed opinioni tra esperti con la speranza che non siano motivo di un altro momento di confusione tra la gente.

Una bella collezione di dichiarazioni sulla terza dose di vaccino antiCovid19 è riportata da “dottnet.it” e sinteticamente le ripropongo.

Il virologo Fabrizio Pregliasco, docente dell’Università di Milano.”Un ulteriore richiamo del vaccino anti-Covid”, con la terza dose “era già previsto. I dati sono ancora da confermare rispetto a quella che è la durata della protezione, in più vediamo che la malattia dopo sei mesi in qualche caso determina già la reinfezione e quindi ci sta che possa esserci questa necessità nei soggetti più a rischio e nei soggetti più esposti”, dice all’Adnkronos Salute il virologo Fabrizio Pregliasco, docente dell’Università di Milano.

L’infettivologo Massimo Galli del Sacco di Milano precisa: “Prima di pensare di rivaccinare tutti sarebbe il caso di andare a vedere quale è stata la risposta immunitaria e se continua ad esserci una risposta.”

L’infettivologo Claudio Mastroianni, direttore del Dipartimento di Malattie infettive del Policlinico Umberto I di Roma.”La terza dose” di vaccino anti-Covid “a fine anno per gli operatori sanitari e gli anziani credo che sarà molto probabile. Però andranno anche analizzati gli studi in corso, valutate le varianti virali in circolazione, verificato il titolo anticorpale a 5-6 mesi dalla seconda dose e che tipo di situazione epidemiologica avremo a novembre-dicembre”.

Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova “Sulla possibilità di fare una terza dose del vaccino anti-Covid sarei cauto. Non abbiamo dati certi su quando farla dalla prima: 6 mesi o 12 mesi? Sarebbe meglio aspettare dati certi sulla durata dell’immunità e poi capire come muoversi.”

Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano. “In questo momento non ha alcun fondamento scientifico né dire che una terza dose di vaccino anti-Covid si debba fare, né dire che non si debba fare”.”Il richiamo – sottolinea l’esperta all’Adnkronos Salute – si fa quando si ha la certezza scientifica che siano calati gli anticorpi” stimolati dall’iniezione-scudo.

Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) e primario di Infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma. La necessità di dover fare una terza dose di vaccino anti-Covid “è quasi certa. Dobbiamo solo capire se andrà fatta entro 12 mesi dalla prima.”

Il virologo Francesco Menichetti, primario di Malattie infettive all’ospedale di Pisa: “Una terza dose di vaccino” contro Covid-19 “potrebbe essere un’ipotesi se ricorrono due condizioni: un clamoroso calo del livello degli anticorpi neutralizzanti protettivi indotti dal vaccino, documentato da test sierologici, o la emergenza preponderante di varianti scarsamente responsive al vaccino.

Perché – spiega il virologo – se è plausibile che negli over 80 la risposta al vaccino sia modesta e di durata limitata a causa dell’età che attenua l’entità della risposta immunologica, nel personale sanitario che mediamente ha un’età più bassa grossi problemi non ci dovrebbero essere, considerando che questi vaccini non inducono solo anticorpi neutralizzanti, ma creano anche la memoria immunologica che è quella espletata dall’immunità cellulare che quando ri-incontra il virus si ricorda e scende in campo. Quindi – conclude – piuttosto che aprire un dibattito, organizziamoci per controllare magari su un campione significativo i livelli di protezione immunitaria”.

Il virologo Giovanni Maga, direttore dell’Istituto di genetica molecolare del Cnr di Pavia: “Il richiamo di un vaccino ha sempre senso se ci sono evidenze che l’immunità può indebolirsi. E’ una decisione – ribadisce Maga – che va presa sulla base dei dati clinici, non senza un presupposto. Per il momento non ci sono dati che sembrino indicare la necessità di un richiamo”.

 

Licenza Creative Commons
Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale

Print Friendly, PDF & Email
condividi

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *