Digiuno intermittente…attenti!

Si sente parlare di digiuno intermittente, specie quando qualche voce, resa autorevole dalle apparizioni televisive, ne vanta le lodi per averlo attuato. Ma…le decantate lodi sono supportate da riscontri scientifici?

Il prof. Mauro Serafini, professore di Nutrizione umana all’Università di Teramo e membro del Gruppo 2003 per la ricerca scientifica ritiene che: “Il rischio è che questi digiuni aprano la porta ad azioni dannose per lo stato di salute; le persone rischiano di intraprendere una forma di digiuno da sole, senza la guida di uno specialista, sottoponendosi a forti restrizioni caloriche per poi continuare a mangiare pasti non equilibrati o non salutari, che rimangono dannosi, nonostante il periodo di digiuno”.

Un aspetto che merita considerazione sono gli effetti sociali e psicologici.

Secondo i quattro direttori del corso di laurea in Medicina dell’Università di Padova «Il digiuno intermittente è associato in modo scientificamente significativo, specie nelle giovani donne, a disturbi psicopatologici alimentari», saltare la cena per più volte la settimana corrisponderebbe «a deprivare una famiglia di un rito importante (…) con possibili deleterie implicazioni sui figli e sulla famiglia stessa. Non cenare insieme per aderire a diete che prevedono di saltare il pasto serale rischia di creare isolamento».

La definizione “digiuno intermittente” indica diverse tipologie di interventi nutrizionali tale da perdersi e confondersi nelle diverse combinazioni temporali di durata e/o frequenza.

Schematicamente:

  1. digiuno vero e proprio (o prolungato) quando si superano le 48 ore di astensione;
  2. digiuno intermittente, quando gli intervalli sono minori e comprende tre categorie principali:
  • digiuno a giorni alterni (o alternate day fasting, ADF),
  • il digiuno per due giorni a settimana, consecutivi o meno, (conosciuto come la dieta 5:2),
  • alimentazione ristretta nel tempo (o TRE, Time Restricted Eating), con una variabilità quasi soggettiva nella scelta di un intervallo preciso di tempo in cui alimentarsi.

Questa varietà non permette alla ricerca di fare una valutazione scientifica dei dati che tra l’altro sono scarsi e contraddittori.

Una recente meta-analisi di Nature Endocrinology sulle diverse forme di digiuno intermittente evidenzia che: «Il grado di perdita di peso è pari a quello ottenuto con gli approcci di restrizione calorica tradizionali. L’impatto sui parametri di rischio cardiovascolare e metabolico è ancora incerto. Mentre alcuni studi hanno dimostrato miglioramenti nella pressione sanguigna, LDL, colesterolo, trigliceridi e resistenza insulinica, altri hanno mostrato che questi effetti positivi non ci sono».

Anche se, come affermano gli autori di una revisione sugli effetti del digiuno intermittente sulla salute metabolica, “Il numero di libri di diete che incoraggiano a incorporare il digiuno nelle nostre vite è maggiore di vari ordini di grandezza al numero di trial che esaminano se il digiuno dovrebbe essere incoraggiato in generale”, emerge chiaramente che le tanto millantate evidenze scientifiche non sono, sino ad ora, così solide.

Fonte:

https://www.scienzainrete.it/articolo/digiuno-intermittente-quanto-moda-quanto-scienza/camilla-orlandini/2023-05-16?utm_source=phplist2037&utm_medium=email&utm_content=HTML&utm_campaign=Cronache+della+ricerca+%23264

 

Licenza Creative Commons
Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale

Print Friendly, PDF & Email
condividi

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *