FRUTTA: maturazione ed … etilene

FRUTTA: processo di maturazione

frutta

Dal punto di vista biologico i frutti sono i semi e gli ovari dei fiori delle piante. Chiamiamo invece “verdura” altre parte commestibili delle piante che non siano i frutti: ad esempio le foglie (come l’insalata), i fiori (come i carciofi), o le radici (come le carote). In cucina tuttavia questa distinzione rigida non è sempre seguita: i pomodori ad esempio sono, botanicamente, dei frutti, come anche le olive o i peperoni. Gastronomicamente parlando però siamo abituati a considerare frutti solamente quei vegetali che hanno un alto contenuto zuccherino e che risultino più o meno dolci al gusto.

Perché cuciniamo i vegetali
Frutta e verdura hanno una struttura interna simile: le loro cellule contengono moltissima acqua, sali minerali, amidi, zuccheri, acidi, sostanze aromatiche e moltissime altre sostanze chimiche. Le pareti delle cellule sono prevalentemente costituite da cellulosa, che noi esseri umani non siamo in grado di digerire (visto che non siamo erbivori). Uno dei motivi per cui i vegetali vengono spesso cotti è per disgregare le pareti cellulari di cellulosa e liberare l’acqua e le sostanze nutrienti, oltre che gustose, che altrimenti rimarrebbero intrappolate nelle cellule.
Non è quindi necessariamente vero che mangiare verdura o frutta cruda implichi una maggior assunzione di sostanze nutrienti e benefiche, nonostante questa idea sia molto popolare. Di certo non si deve neanche eccedere nel senso opposto, perché la maggior parte delle sostanze chimiche contenute in frutta e verdura sono molto delicate e instabili al calore, quindi le cotture non dovrebbero quasi mai essere molto prolungate se si vuole mantenere alto il potere nutritivo dei vegetali.
Alcuni vegetali possono contenere tanta cellulosa, ad esempio le carote, il cui cuore diventa via via più duro crescendo. Altri vegetali invece ne contengono molto poca. Ad esempio l’insalata: le sue foglie rimangono belle rigide e croccanti grazie all’acqua contenuta. Se questa diminuisce le cellule cominciano a sgonfiarsi e l’insalata “appassisce”. Se l’insalata che avete in frigorifero sembra un poco appassita, è meglio farla rinvenire con un bel bagno in acqua fredda per una decina di minuti: le foglie ritroveranno, almeno un poco, il loro turgore.

La respirazione di frutta e verdura
Le pareti cellulari delle cellule vegetali sono molto più resistenti di quelle animali, perché devono mantenere più a lungo l’acqua e le altre molecole contenute, per permettere ad esempio ai frutti di continuare a “vivere” e “respirare” anche dopo essere stati staccati dalla pianta. Certo! Frutta e verdura sono ancora vive e respirano quando le mettiamo nel carrello della spesa a differenza, ad esempio, di una bistecca.
Dal punto di vista evolutivo un frutto che “vive” anche dopo che è stato staccato dalla pianta permette alla specie di diffondersi in una zona più ampia, e di generare più figli.
Per mantenere le funzioni vitali una volta recisi o staccati dalla pianta, i vegetali solitamente combinano l’ossigeno dell’aria con una molecola organica immagazzinata nei tessuti, solitamente uno zucchero, per produrre energia, calore e sintetizzare altri composti, con la produzione finale di acqua e anidride carbonica. In generale la “sopravvivenza” di un vegetale dopo il raccolto è inversamente proporzionale alla sua velocità di respirazione. La vita di broccoli e lattuga, ad esempio, è molto più breve di quella di patate, cipolle e limoni, perché hanno delle velocità di respirazione molto più elevate.
La respirazione è influenzata da una serie di fattori, quali la temperatura, la luce, la composizione dell’atmosfera, l’umidità, la presenza di stress e così via. Una volta raccolta, frutta e verdura viene immagazzinata in attesa di essere venduta. In questo lasso di tempo si cerca di diminuire la velocità di respirazione, per “allungargli la vita”. La temperatura viene abbassata a 2-5 °C, senza mai andare sotto lo zero, per non danneggiare le cellule con la formazione di cristalli di ghiaccio. Alcuni vegetali però, tipicamente quelli tropicali, subiscono degli stress se la temperatura scende sotto i 10-12 °C.
Poiché la respirazione consuma ossigeno, un buon modo per rallentarla è sottrarlo dall’atmosfera. Questo è il motivo per cui alcune frutte e verdure vengono vendute ricoperte di una pellicola trasparente: per limitare il contatto con l’ossigeno e rallentare la respirazione. I broccoli, che hanno una respirazione elevata, sono spesso venduti ricoperti di plastica. Qualcuno di voi avrà forse pensato “l’ennesimo spreco inutile di plastica e imballaggi”, e invece in questo caso ha una funzione ben precisa e utile.
Su grande scala, nei centri di stoccaggio, l’atmosfera viene privata quasi totalmente di ossigeno, arrivando mediamente a livelli del 2-3% (i valori precisi dipendono dal tipo di vegetale). L’ossigeno non può essere privato del tutto perché in questo caso i nostri amici vegetali inizierebbero una respirazione anaerobica, senza ossigeno. Tutti tranne l’avocado, come abbiamo visto, che non è in grado di respirare senza ossigeno e quindi deperirebbe rapidamente.
Assieme alla riduzione di ossigeno, si può aumentare anche la percentuale di CO2 presente nell’atmosfera.

La maturazione della fruttaIMG_20160210_203815
I frutti subiscono una serie di trasformazioni a mano a mano che raggiungono la maturità biologica. Aumentano di peso, accumulano acqua, zuccheri, amido e acidi organici. Nella fase finale della maturazione spesso la buccia dei frutti cambia colore e la clorofilla verde si degrada, rivelando gli altri coloranti sottostanti.
Il frutto comincia ad ammorbidirsi, perché gli enzimi liberati dalle cellule cominciano a sciogliere la pectina che tiene insieme le varie cellule.
La pectina è abbondante nei frutti acerbi, ed è la responsabile principale della gelificazione delle marmellate e delle confetture. A mano a mano che il frutto matura la pectina si trasforma in acido pectico, meno efficace come gelificante. E’ per questo che frutta troppo matura può produrre una marmellata o confettura troppo liquida.

A mano a mano che il frutto matura, le pareti cellulari si dissolvono, liberando i succhi contenuti. Questo rende il frutto più “succoso”, anche se in realtà l’acqua contenuta non è aumentata. Durante la maturazione alcuni frutti trasformano l’amido in zuccheri: saccarosio, fruttosio e glucosio.
I frutti si possono classificare grossolanamente in due categorie a seconda di come si comportano nella fase finale della maturazione. Alcuni frutti aumentano la produzione di etilene e velocizzano la respirazione. Questi frutti vengono chiamati climaterici. I frutti che non producono grandi quantità di etilene e non aumentano la respirazione nella fase finale della loro vita sono non-climaterici.
L’etilene è un ormone vegetale gassoso che viene prodotto dalle piante a partire dall’amminoacido metionina. Ne serve una piccolissima quantità per innescare la maturazione dei frutti climaterici: pochi milligrammi o addirittura microgrammi per kg (quantità che i chimici indicano con ppm o ppb: parti per milione o parti per miliardo). Una volta innescata la produzione tuttavia, i frutti climaterici ne producono in quantità. Ad esempio la banana, a 15 °C, produce 5 microlitri di etilene per kg ogni ora. L’avocado più di 100 mentre il limone (frutto non-climaterico) meno di 0.1.
Vi ricordate che la volta scorsa avevo suggerito di chiudere in un sacchetto di carta un avocado con una mela o una banana per farlo maturare più in fretta? E’ l’effetto dell’etilene.
L’etilene viene prodotto in quantità anche quando la frutta è sottoposta a stress. Ad esempio quando una mela prende una botta, la zona circostante scurisce, per effetto della polifenolossidasi, e rammollisce, per l’effetto dell’etilene prodotto.

I frutti non climaterici
I frutti non climaterici, una volta staccati dall’albero, interrompono la maturazione, e la loro respirazione diminuisce pian piano. Tra questi vi sono: mirtilli, more, lamponi, fragole, ciliege, cetrioli, uva, pompelmi, limoni, lime, olive, arance, peperoni, ananas, melanzana, zucca, melograno.ciliegie
L’etilene ha anche degli effetti su alcuni frutti non climaterici, ma senza alterare le qualità organolettiche. Ad esempio con i limoni e gli aranci stimola la degradazione della clorofilla della buccia e porta alla colorazione gialla o arancio ma non altera il loro contenuto zuccherino o la loro acidità.
Se avete acquistato un frutto non climaterico, non sperate che migliori le sue qualità organolettiche con il tempo. La cosa migliore che potete fare è… mangiarlo subito, sperando (non potete fare altro) che l’agricoltore lo abbia raccolto dalla pianta all’apice della qualità.

I frutti climaterici

Nei frutti climaterici l’etilene segnala al frutto che è arrivata l’ora di ammorbidirsi e, spesso, cambiare colore alla buccia, degradando la clorofilla e, nei frutti rosso/viola/blu, iniziando la produzione di antocianine, responsabili della colorazione. La respirazione aumenta e raggiunge un picco, per poi diminuire.
pomidoro 3Sono frutti climaterici: mela, albicocca, caco, avocado, banana, fico, kiwi, mango, nettarina, papaya, pesca, pera, prugna, cocomero, melone, pomodoro.
Gli agricoltori sfruttano in vari modi le caratteristiche climateriche dei frutti. Poiché più un frutto è maturo più è delicato, cogliendolo quando ancora non è all’apice della maturazione, può essere maneggiato con minore cura e può sopportare il trasporto a grande distanza. Non è raro che pomodori, pesche o albicocche, ad esempio, vengano raccolti ancora verdi. Matureranno una volta arrivati a destinazione. Quando in Europa arrivano le banane dal sud America o dall’Africa, sono completamente verdi. Un poco di etilene soffiato nei locali di stoccaggio e diventano giallo brillante, tutte contemporaneamente, pronte per essere vendute. Analogamente i pomodori: da verdi a rossi in pochissimo tempo e tutti contemporaneamente. Magie dell’etilene. Un bel vantaggio per il venditore. Certo, con questo processo accelerato a comando, non potranno essere così ricchi di zucchero e aromi come quelli colti dalla pianta a maturazione completa. Se potete, acquistate frutta di stagione raccolta non troppo lontano da voi: è probabile che sia rimasta sulla pianta più a lungo, visto che non ha dovuto sopportare lunghi tragitti per arrivare al consumatore. Questo è uno dei casi in cui acquistare a “Km 0” ha senso. Abbiamo visto in passato come l’applicazione “ideologica” del Km 0 sia piuttosto sciocca e abbia poco senso, e come i benefici sull’ambiente siano dubbi. In questo caso però i benefici per il gusto sono molto più tangibili. In più, varietà di frutta molto delicata vengono vendute solo localmente, perché i danni del trasporto sono molto elevati. E le varietà di frutta che resistono al trasporto non è detto che siano anche quelle più aromatiche o gustose.
Purtroppo molti frutti, climaterici e non, sono invece raccolti prima di raggiungere l’optimum sulla pianta, e le condizioni di stoccaggio cercano di rimediare parzialmente a questo: alcuni frutti diventano più dolci con il tempo perché l’amido continua ad essere trasformato in zucchero. Tra questi mele, kiwi, banane, mango, papaya e pere. Altri frutti invece cambiano colore, consistenza e aroma, ma non sviluppano più zucchero: ad esempio albicocche, meloni, fichi, pesche, nettarine e prugne.nettarina
Ricordate comunque che i frutti sono vivi, e continuano a respirare, consumando zuccheri. Non stupitevi se le mele raccolte sei mesi prima e immagazzinate in atmosfera controllata e a bassa temperatura hanno un basso contenuto zuccherino: qualche cosa devono pur “mangiare” per respirare.
L’avocado fa gruppo a se, perché, se ricordate, comincia a maturare solo una volta staccato dalla pianta, le cui foglie producono un inibitore della produzione dell’etilene.

L’etilene può essere somministrato anche direttamente alle piante. I chimici hanno messo a punto composti di sintesi capaci di rilasciare etilene nelle piante in maniera controllata. Ad esempio l’acido 2-cloroetilfosfonico venduto con il nome di Ethrel. E’ solubile in acqua e viene assunto dalle piante dove poi si decompone per dare etilene.

 

http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2008/08/17/frutta-all%E2%80%99etilene/

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