OLII e FUMI

olio-oliva

Se scaldiamo l’acqua sino alla sua temperatura di ebollizione questa si trasforma in vapore. Questo processo fisico è familiare a tutti e sfruttato in cucina in molti processi di cottura. Non tutti i liquidi si comportano in questa maniera però e gli olii sono una eccezione importante. Tutti gli olii alimentari sono composti di miscele di trigliceridi diversi costituiti da una molecola di glicerina legata a tre acidi grassi.

Il processo culinario che mette più a dura prova la stabilità di un olio è sicuramente la frittura. frittura-domestica

Quando riscaldiamo un olio ad alte temperature l’esposizione all’ossigeno dell’aria e la presenza del cibo possono innescare un processo di degradazione ossidandolo e formando delle sostanze nocive. Più la temperatura è alta e più l’ossidazione è veloce. Anche un uso prolungato può degradare notevolmente un olio, e questo è il motivo per cui in una friggitrice l’olio andrebbe cambiato completamente periodicamente, e non rabboccato.

Olii con una composizione chimica diversa si ossidano in modo diverso.

Quelli ricchi di grassi polinsaturi, come l’olio di mais o quello di soia, si degradano più rapidamente di quelli ricchi di grassi monoinsaturi come gli olii di oliva, di nocciole o di arachidi, in prevalenza composti da acido oleico. In più l’olio extravergine, non essendo stato purificato, contiene delle molecole che agiscono da antiossidanti ritardandone la degradazione.

Ancora più stabili sono gli olii contenenti molti grassi saturi, come l’olio di palma o lo strutto. Il loro uso tuttavia andrebbe limitato perché un loro consumo eccessivo può avere conseguenze negative sulla salute.

Scaldando un olio ad una certa temperatura comincerà a produrre fumo in modo continuo, ben prima che inizi a bollire. A questa temperatura, chiamata “punto di fumo”, la glicerina si stacca dagli acidi grassi e si producono dei fumi tossici contenenti sostanze nocive come l’acroleina.

acroleina-schema

La temperatura tipica di una frittura è di circa 180 °C. A temperature più basse il cibo si impregna di olio mentre a temperature più alte rischia di bruciare velocemente. È importante quindi che l’olio prescelto abbia un punto di fumo ben superiore alla temperatura di frittura. Spesso si sente dire che l’olio extravergine di oliva ha un punto di fumo alto ma questo non è assolutamente vero. Generalmente più un olio è raffinato, quindi meno sostanze diverse dai trigliceridi contiene, e più è alto il suo punto di fumo. Le impurezze dell’olio che più influenzano il suo punto di fumo sono gli acidi grassi liberi, non legati alla glicerina. La raffinazione a cui sono sottoposti olii come quello di canola – una particolare varietà di colza – riduce la quantità di acidi grassi liberi e di altre impurezze alzando il punto di fumo. L’olio di canola inizia a fumare solo a 240 °C, una temperatura molto superiore a quella di una comune frittura.

L’olio di oliva extravergine è ottenuto per estrazione meccanica senza nessuna raffinazione. Per questo motivo contiene una piccola quantità di acidi grassi liberi e una serie di altre impurezze che possono abbassare notevolmente il punto di fumo. È però impossibile definirlo una volta per tutte: due olii prodotti in zone diverse e da varietà di olive diverse possono avere una acidità e un punto di fumo molto diversi. Se l’acidità è bassa il punto di fumo può superare i 190 °C: sufficiente per friggere a temperature non troppo elevate. Se l’acidità è elevata il punto di fumo può crollare sotto i 180 °C e quindi renderlo inadatto alla frittura. (Vi avviso che in rete si trovano tabelle di punti di fumo completamente prive di senso)olio-e-ciotola

Purtroppo l’acidità di un olio extravergine non si può percepire al palato e non è da confondere con il tipico “pizzicore” di alcuni olii extravergini, causato dai polifenoli, le preziose molecole antiossidanti che rendono più stabile l’olio in fritture prolungate. In alternativa si può utilizzare l’olio di arachidi il cui punto di fumo supera i 210 °C.

http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/10/28/oli-che-fumano/

Print Friendly, PDF & Email
condividi

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *