Prosciutto cotto, siete sicuri di conoscerlo?

Il titolo è un po’ sibillino? Certamente sì. E perché? Perché… chissà quante volte avete preparato un tramezzino con prosciutto, o tortellini con panna e prosciutto, o omelette con prosciutto, cannelloni, pasta, purè di patate etc. Ma… quale dei tre tipi di prosciutto previste dalla normativa avete utilizzato?

Non lo sapevate che il prosciutto cotto in commercio, definito in base a precise caratteristiche, è distinto dalla legislazione italiana in tre categorie qualitative ben distinte? Quello che differenzia sostanzialmente i tre tipi di prosciutto cotto è il rapporto tra la percentuale di acqua e la percentuale di carne magra.

Ed allora, ecco le tre categorie:

  1. PROSCIUTTO COTTO – ottenuto dalla coscia del suino (eventualmente disossata, sgrassata, sezionata e privata dei tendini e della cotenna). L’umidità deve essere inferiore o uguale all’82%;
  2. PROSCIUTTO COTTO SCELTO – devono essere identificabili almeno 3 dei 4 muscoli principali della coscia intera del suino. Tasso di umidità inferiore o uguale al 79,5%;
  3. PROSCIUTTO COTTO ALTA QUALITA’ – devono essere identificabili almeno 3 dei 4 muscoli principali della coscia intera del suino. Tasso di umidità inferiore o uguale al 76,5%.

Salta subito all’occhio un dato che li differenzia: il tasso di umidità ovvero il tasso di umidità su prodotto sgrassato e deadditivato (UPSD). Quindi, più il prosciutto cotto è umido (contenuto di acqua maggiore) più bassa è la qualità del prodotto.

A) Categoria molto generica, consente di utilizzare tutte le parti della coscia di suino pressate e incollate fra loro utilizzando la gelatina alimentare; può contenere sostanzialmente qualsiasi tipo di conservante e aromatizzante consentito dalla legge per gli insaccati, inclusi nitriti e nitrati.

(B) scelto e (C) alta qualità. Per queste categorie la legge prevede che siano identificabili almeno tre dei quattro muscoli principali della coscia suina e quindi una coscia di maiale lavorata e cotta, non più un insieme di pezzi tenuti insieme da un collante.

Nello scelto (B) sono ammessi additivi (polifosfati, proteine di soia o del latte, glutammato monosodico). L’alta qualità (C) invece prevede un numero più ristretto di additivi.

La parte dell’animale da utilizzare obbligatoriamente è la coscia disossata, da non confondere con la spalla cotta di maiale che è un salume simile al prosciutto ma non uguale che potete trovare sulla pizza e infornato se ne maschera gusto, odore e consistenza. Un prosciutto cotto di qualità andrebbe sempre messo a crudo, in uscita dal forno, per consentire alla temperatura della pizza di sciogliere il grasso mantenendo inalterate tutte le sue caratteristiche.

Dopo questa breve digressione torniamo al processo lavorativo.

La prima fase di lavorazione del prosciutto cotto è quella del “disosso, che può essere effettuato manualmente o per mezzo di una macchina disossatrice; si passa quindi alla salatura che è iniettata intramuscolarmente sotto forma di soluzione acquosa (salamoia), attraverso una macchina multiaghi siringatrice, e cambia da produttore a produttore a seconda del tipo di prodotto. Gli ingredienti sono comunque acqua, sale, zucchero e aromi. Si prosegue con la cosiddetta “zangolatura, cioè una sorta di massaggio (con apposite macchine) che permette di ottenere una maggiore uniformità del prodotto. Tappa successiva è il posizionamento dei prosciutti in apposite forme e la cottura in forni speciali a di 75°C, per un tempo variabile dipendente dalle dimensioni del prosciutto (in media, tra le 9 e le 12 ore). Dopo la cottura e il successivo raffreddamento, prima del confezionamento, il prosciutto subisce una fase di riposo, di maturazione, variabile da giorni a settimane, a seconda della tecnica messa a punto dal produttore.

Con la salamoia è iniettata nelle carni anche una dose di conservanti. I conservanti utilizzati nel prosciutto cotto sono di solito nitriti di sodio che evitano alla carne di assumere una colorazione marroncina dandole il colore roseo tipico di questo salume.

Le dosi massime, decise dalla commissione europea, sono di 150 mg/kg, di nitriti (di sodio E250 o di potassio E249), per i prodotti di carne , limite che scende a 100 mg/kg per i prodotti con carne sterilizzati. Per i nitrati (di potassio E251 o di sodio E252), altro tipo di conservante spesso presente nei salumi, il livello massimo è di 150 mg/kg.

Il prosciutto cotto sarebbe un prodotto molto interessante, perché contiene molto meno sodio rispetto al prosciutto crudo, fornisce una buona dose di proteine ma purtroppo il problema relativo ai conservanti non consente un utilizzo frequente e quindi la politica migliore sarebbe quella di limitare il consumo di prosciutto cotto a situazioni eccezionali e non adottarlo dunque nell’alimentazione abituale.

Scegliere un prosciutto cotto magro spesso vuol dire acquistare un prodotto fatto con maiali esteri, prodotti con metodi di allevamento intensivi e di scarsa qualità.

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