Finocchio e finocchietto

Il finocchio (Foeniculum vulgare), pianta erbacea mediterranea della famiglia delle Apiaceae (Ombrellifere), conosciuto fin dall’antichità per le sue proprietà aromatiche e la cui coltivazione orticola si fa risalire al XVI secolo, presenta la varietà di finocchio selvatico e la varietà di produzione orticola (dolce).

Il finocchio selvatico è una pianta spontanea, perenne, possiede foglie che ricordano il fieno, da cui il nome “foeniculum”, di colore verde e produce in estate piccoli fiori gialli disposti ad ombrello che origineranno i frutti (acheni), prima verdi e poi grigiastri. Del finocchio selvatico si utilizzano i germogli, le foglie, i fiori e i frutti, impropriamente chiamati “semi”.

Il finocchio coltivato, o finocchio dolce, è una pianta annuale o biennale. Si consuma la grossa guaina a grumolo bianco che si sviluppa alla base.

Il finocchio selvatico, comunemente chiamato “finocchietto, nasce spontaneamente nella macchia mediterranea, soprattutto nel Centro e Sud Italia, da non confondere con l’aneto che, sebbene abbia sapore simile e appartenga alla stessa famiglia, è di origine asiatiche.

Inoltre, i semi di aneto emanano un odore sgradevole, contrariamente ai semi di finocchio, molto apprezzati per il loro aroma e utilizzati per preparare tisane, infusi e liquori.

In 100 g di finocchio, che apportano circa 31 kcal, si trovano: 90,21 g di acqua, 1,24 g di proteine, 0,20 g di lipidi, 7,30 g di carboidrati, 3,1 g di fibre. Oltre a contenere alte quantità di potassio, sono presenti, fosforo, calcio, magnesio, sodio, selenio, folati, Vit. C, vitamine del gruppo B, vit. A, vit. E, vit. K.

Il finocchio è fonte di flavonoidi e il tipico sapore, simile a quello dell’anice, è determinato dalla presenza di numerosi oli essenziali.

In cucina si usa ogni parte del finocchio: fiori, foglie, semi e, nel caso del finocchio coltivato, il grumolo bianco che generalmente si mangia crudo in insalata oppure lessato e gratinato.

Quando si parla di finocchietto selvatico intendiamo solitamente le foglie: si aggiungono fresche alla fine della preparazione o poco prima di spegnere il fuoco. Si può usare anche il fusto avendo l’accortezza di farlo prima lessare.

I semi di finocchio presentano una composizione chimica ricchissima di oli essenziali, vitamine, minerali, antiossidanti. Grazie a questi principi attivi gli infusi a base di semi di finocchio risultano un buon rimedio contro gonfiori addominali e difficoltà digestive. Tuttavia è consigliato consumare i decotti di semi di finocchio con molta moderazione dal momento che potrebbero dare origine ad effetti collaterali di tipo allucinogeno.

Nella “pasta con le sarde“, nota ricetta siciliana, le foglie del finocchio selvatico sono uno degli ingredienti essenziali.

Si usano i fiori per aromatizzare le olive in salamoia e le carni di maiale, in particolare la “porchetta” dell’Alto Lazio e dell’Umbria. In Toscana il finocchio selvatico viene usato per insaporire e profumare la finocchiona, un salame in cui il finocchio sostituisce il pepe nero.

Il finocchio è una verdura dal sapore marcatamente aromatico, tanto da cambiare i sapori degli altri ingredienti: in particolare l’aroma del finocchio crudo riesce a celare il tipico odore di aceto del vino scadente o scaduto. Ergo, l’espressione “lasciarsi infinocchiare” deriva dall’abitudine di osti poco onesti che quando avevano vino rancido, lo servivano con l’accompagnamento di stuzzichini a base di finocchio: gli avventori mangiavano e soprattutto bevevano male e senza accorgersene se ne andavano contenti e “infinocchiati“.

La distinzione tra “finocchio femmina”, dalla forma allungata, e “finocchio maschio”, dalla forma tondeggiante, è solo un modo comune di chiamare i grumoli (la parte del finocchio che si consuma) per identificarli nella forma. Il secondo è meno fibroso e più carnoso e per questo più apprezzato dal consumatore.

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