Mortadella, il salume rosa
C’è mortadella … dal colore rosa pallido a cui siamo abituati quando l’acquistiamo al banco del supermercato. C’è mortadella … dal gusto prepotente che normalmente si ritrova nelle preparazioni industriali. C’è mortadella, quella artigianale più scura e dal gusto più delicato rispetto all’omonima che si trova in commercio. Questa specialità vanta origini antiche (che risalgono al ‘300) e tecniche di preparazione molto accurate.
La qualità della mortadella in generale dipende innanzitutto dalla scelta della carne e poi dai tempi di cottura, dalla quantità degli additivi utilizzati e dal budello che viene scelto per racchiudere l’impasto. A seconda della scelta di questi elementi cambia notevolmente anche il prezzo e, dunque, non c’è da stupirsi se le versioni industriali sono anche quelle più economiche e a largo consumo.
Con la denominazione “mortadella Bologna” si indica un prodotto realizzato in un preciso territorio, che comprende oltre all’Emilia-Romagna anche alcune zone della Lombardia, Piemonte, Veneto, Toscana, Marche, Lazio e Provincia di Trento, nel rispetto della tradizione come previsto dal disciplinare, per cui:
- la forma deve essere ovale o cilindrica, con una consistenza compatta non elastica;
- la superficie al taglio deve presentarsi vellutata e con un caratteristico e uniforme colore rosa vivo;
- in ogni singola fetta, devono essere presenti delle quadrettature bianco perlacee di tessuto adiposo – in una percentuale non inferiore al 15% della massa totale – che siano ben aderenti e distribuite nell’impasto;
- devono mancare sacche di grasso e di gelatina;
- per quanto riguarda il profumo, è aromatico, fragrante e leggermente speziato;
- infine, il sapore sarà caratteristico e delicato, senza tracce di affumicatura.
La versione con i pistacchi è caratteristica della produzione di Roma e del Centro/Sud Italia.
Circa l’origine del nome alcuni sono propensi a farlo derivare dal termine “mortarium” o da “murtatum”, che significa “carne finemente tritata nel mortaio”, altri la farebbero derivare dal termine “myrtatum”, ossia il mirto, un ingrediente usato al posto del prezioso pepe.
Una data segna la nascita ufficiale della mortadella Bologna: il 24 ottobre del 1661. Giorno in cui il legato pontificio Cardinal Farnese pubblica un bando che detta le regole per la produzione di un salume fine a pasta cotta con l’obiettivo di garantire la qualità del salume e proteggere la reputazione dei salumieri bolognesi dalle contraffazioni.
All’inizio era un salume altamente costoso e, per questo, riservato a un’élite di nobili e ricchi borghesi; nell’Ottocento, in seguito al graduale sviluppo dell’industria salumiera, diventa accessibile a tutti.
I valori nutrizionali di 100 g di mortadella sono: il 15,7% di proteine, il 25% di lipidi, di cui 8,3% grassi saturi, 60/70 mg di colesterolo, 907 mg di sodio e poi potassio, magnesio, fosforo, zinco, ferro e vitamine B1, B2, B3, B6, B12, E, fornendo 288 kcal.
La mortadella Bologna, che dal 1988 si fregia del riconoscimento di Indicazione Geografica Protetta (I.G.P.), è prodotta con carne di maiale: una parte magra, in genere la spalla, e una grassa, che normalmente è la gola. La parte magra viene macinata finemente, quindi si aggiungono i lardelli caldi (parte grassa), e il tutto viene insaccato in un budello naturale. Si passa quindi alla stufatura che varia in dipendenza delle dimensioni del prodotto. Tolta dalle stufe è docciata con acqua fredda e sottoposta a ventilazione per raffreddarla. Un colore rosa chiaro uniforme è indice di un’ottima cottura (se è troppo chiara vuol dire che è stata poco cotta, se è scura troppo cotta) con puntini – che sono i lardelli – di un bianco candido.
Il sapore deve essere delicato, senza tracce di affumicatura che potrebbe indicare una cottura non ottimale, e il profumo intenso.
C’è differenza di sapore tra la mortadella grande, venduta affettata, e quella piccola dovuta ai tempi di cottura differenti.
I produttori di mortadella IGP, hanno modificato l’alimentazione dei maiali, le tecniche di produzione e le quantità di grasso e di sale, per ottenere un prodotto più magro e più sano.
Gli intenditori la preferiscono affettata e non cubettata perché la fetta ha una distribuzione del grasso uniforme.
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